mercoledì 8 febbraio 2012

"Vuoi giocare? E giochiamo!"

Il tavolino del sushi bar era piuttosto piccolo. Tra la bottiglia di vermentino e i bicchieri, troppo pomposi per quello spazio esiguo, non rimaneva altro legno libero se non per le parole. Le orecchie della ragazza, una ragazza bella e giovane, erano in mille posti contemporaneamente. Poco attenta alle chiacchiere col suo amico di lunga data era decisamente distratta da un tentativo di seduzione della proprietaria del locale che, alla sua destra, bisbigliava ad un uomo. Lui, da solo, stava affrontando un tonno appena scottato e ben speziato. Alla sinistra altre quattro persone, in maniera sfacciata, commentavano quanto stava accadendo. La signora era straordinariamente bella per la sua età, un età, purtroppo un po' avanzata, e gli appetiti dell'uomo partivano dal tonno per arenarsi su una seconda ragazza, molto giovane, che al bancone si dedicava un vino di un rosso, granata, anch'esso molto attraente.
L'uomo si scostò dalla signora con un tono spazientito, per poi muoversi verso il bar.
Al tavolino la prima ragazza, divertita, guardava ed ascoltava. Non c'è forza più potente della curiosità di una donna, ed in Giulia, tale forza scorreva impetuosa. Il suo amico al tavolo non esisteva più; da lì solo frasi di circostanza, annuire qui e lì, un d'altronde ogni tanto, sotto l'egida di una scarsa attenzione sempre ben dissimulata.
L'uomo si sedette a fianco alla ragazza mentre lei stava portando alle labbra il bicchiere. Un sorso deciso: nessun assaporare, nessun degustare solo un deglutire affrettato e assetato. Poi non fece altro che mantenere lo sguardo agli occhi di lui aspettando il suo approcciarsi. Un tipo tenero? Una persona intelligente? Un maschio aggressivo? Un uomo qualsiasi?
Il giochino agli occhi di Giulia era proprio intrigante.
In quel bar il fumo era ammesso, aspirato da un tentacolare sistema di tubi e ventole che nel loro attorcigliarsi affannato poteva, ed in fondo lo era, anche sembrar sensuale.
"Raffaele" disse l'uomo, senza sorridere, alla ragazza. Poi tirò fuori dalla tasca un pacchetto di Marlboro rosse, morbide e ne offerse una. Lei ribattè che non era una fumatrice; questo prendendo una sigaretta, che non accese, dal cartoccio. Poi tornò a guardarlo, questa volta con un sorriso solo accennato ma decisamente malizioso.
La ragazza era piuttosto esile, ma ben proporzionata e molto ben vestita; capelli castani su una scollatura non vistosa che dava l'annuncio di un seno morbido e caldo; un piccolo pendente verticale e ondulato come un serpente le scendeva dal collo trascindando ancor più lo sguardo dell'uomo dove questo, naturalmente, era corso ad incastrarsi. Una femminilità consapevole e sicura.
Giulia continuava a sbirciare. Anche la signora, con tutt'altra espressione vigilava, cercando di intrattenere i clienti e soprattutto sè stessa. I quattro ridacchiavano apertamente.
Le parole che danzavano tra i due, poche peraltro, non erano percebili. A Giulia e alla proprietaria ne arrivavano pochi passi senza un palcoscenico, senza una trave e senza neanche un riflesso che lasciasse comprendere la dinamica del dialogo. Un risata musicale venne improvvisa dal bancone; la mano dell'uomo accarezzò il braccio della ragazza con la delicatezza di un concertista che si avvicina, sul palco, al proprio violino. Il tocco delicato cessò velocemente non interrotto. Lei posò il bicchiere. Lui si alzò e girandole attorno raccolse il cappotto autunnale che era posato sullo schienale di legno scuro. Lo appoggiò sulle spalle di lei che girò all'indietro il collo, elegantemente, verso il suo sguardo.
Giulia sorrise compiaciuta dall'epilogo. La signora uscendo dalla cucina non vide più nessuno al bancone. Un piatto rettangolare cadde a terra. Rumore di lacrime.

"Ogni individuo è la somma dei suoi desideri" Aristotele

"Ogni volere scaturisce da bisogno, ossia da mancanza, ossia da sofferenza. A questa dà fine l’appagamento; tuttavia per un desiderio, che venga appagato, ne rimangono almeno dieci insoddisfatti; inoltre, la brama dura a lungo, le esigenze vanno all’infinito, l’appagamento è breve e misurato con mano avara. Anzi, la stessa soddisfazione finale è solo apparente: il desiderio appagato dà tosto luogo a un desiderio nuovo: quello è un errore riconosciuto, questo un errore non conosciuto ancora. Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare appagamento durevole, che più non muti: bensì rassomiglia soltanto all’elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento. Quindi finché la nostra coscienza è riempita dalla nostra volontà; finché siamo abbandonati alla spinta dei desideri, col suo perenne sperare e temere; finché siamo soggetti del volere, non ci è concessa durevole felicità né riposo. Che noi andiamo in caccia o in fuga; che temiamo sventura o ci affatichiamo per la gioia, è in sostanza tutt'uno; la preoccupazione della volontà ognora esigente, sotto qualsivoglia aspetto, empie e agita perennemente la coscienza; e senza pace nessun benessere è mai possibile" Schopenauer

Nessun commento: